Che nazionalità ha la cornamusa?

La cornamusa è sempre e solo quella scozzese? Esistono diversi tipi di cornamuse? In questo articolo per La Via del Fuoco, il nostro cornamusista vi racconta qualcosa che forse non tutti sanno su questo strumento incredibilmente affascinante!

Durante i nostri spettacoli incontriamo spesso molte persone e a volte questi incontri ne rivelano alcune che scopriamo essere in totale sintonia con ciò che noi siamo e con ciò che facciamo, scoprendoci insieme, scambiando pensieri, opinioni e idee.
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare Federica de La Via del Fuoco che ha chiesto al nostro cornamusista di scrivere un articolo per il suo blog sulla cornamusa che vi riportiamo qui nel nostro Diario di Bordo: che nazionalità ha la cornamusa?

La cornamusa, rispetto ad altri strumenti ben più conosciuti, ha la capacità intrinseca di affascinare due volte: la prima quando la vediamo fisicamente, evocando sin dal primo momento delle emozioni che associamo contemporaneamente alla libertà e a quella parte dell’istinto che cerca di fuggire dal quotidiano, mentre la seconda volta mostra il suo fascino con il suono: così atavico e profondo, o in diversi casi anche acuto e potente.

Se suoni una cornamusa, è inevitabile che qualcuno si avvicini ed inizi a chiederti se possiedi il kilt o se suoni in cima a qualche rupe; poco ci manca che ti prendano per un tifoso della squadra scozzese di rugby perché nell’immaginario culturale, rafforzato dal supporto dei racconti cinematografici, la cornamusa è inevitabilmente associata a tutto ciò che può essere ricondotto alla Scozia.

Forse qualcuno rimarrà deluso o altri si sentiranno sollevati, ma la verità è che la cornamusa non ha assolutamente esclusivamente origini scozzesi e soprattutto non è l’unico tipo di cornamusa esistente.
Non si può negare che la cornamusa scozzese abbia un suo fascino sia dal punto di vista del repertorio che dal punto di vista tecnico, ma quello spirito di nazionalismo e libertà che gli scozzesi ricercavano verso la metà del 700 ha sicuramente contribuito a renderla la cornamusa più famosa al mondo, ma oltre a tutto ciò, c’è un universo enorme da scoprire fatto di tradizioni, cornamuse di diversa costruzione e una grande cultura musicale.

Le origini della cornamusa sono incerte e le prime testimonianze scritte di qualcosa che sicuramente può ricordarci una cornamusa, arrivano dalla Roma Imperiale.
Dione di Prusa (circa dal 40 a.C. al 140 a.C.), parlando dell’Imperatore Nerone, narrava di come fosse in grado di suonare la Tibia e contemporaneamente sapesse comprimere una sacca sotto al braccio.
Nei secoli successivi sicuramente lo strumento si è sviluppato e si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, nel Medio Oriente e in tutta Europa, arrivando a quella che oggi riconosciamo come cornamusa, ovvero un aerofono a sacco composto da una sacca, un insufflatore per soffiare l’aria necessaria, uno o eventualmente più bordoni che producono una nota continua di supporto e un canto per sviluppare la melodia, senza dimenticare le ance: parti fondamentali composte da due lingue in canna nel caso di ance doppie, o da una lingua intagliata lungo un corpo cilindrico (sempre in canna) che vibrando partecipano a riprodurre il suono caratteristico della cornamusa.

In Italia e in Europa vi sono decine di tipi di cornamusa, ognuna con una propria origine culturale, molte delle quali strettamente legate ad un repertorio ben preciso, spesso di connotazione popolare.
In italia abbiamo, per esempio, le Zampogne tipiche delle zone che vanno dal basso Lazio fino alla Sicilia, la Piva Emiliana delle valli Piacentine e Parmensi, il Baghèt bergamasco della zona, appunto, bergamasca.
Spostandoci per i vari stati europei, troviamo delle tradizioni molto forti legate alla cornamusa, ma soprattutto un uso vivo di questa dal punto di vista della sua popolarità.

In Spagna, ad esempio abbiamo la Gaita asturiana, sdoganata nel 1998 da Hevia con il famoso brano “Busindre reel” che per la prima volta portava al mondo il suo suono creando un successo mondiale e la Gaita galiziana che annovera tra i suoi più grandi rappresentanti Carlos Núñez.

In Francia ci sono molte varietà di cornamuse francesi legate a diversi territori e tradizioni.
In Scozia, non solo abbiamo la più comunemente conosciuta “Great Highland Bagpipe”, nota per la sua potenza sonora, ma troviamo anche le Small pipes e le Border pipes.

Le cornamuse d’eccellenza in Irlanda sono le Uilleann pipes, anch’esse fortemente legate al repertorio popolare irlandese.
Proseguendo, troviamo la Sackpipa svedese, la Gaita mirandesa del Portogallo, cornamuse di tradizione Bulgara, Macedone, Slovacche e tantissime altre che al momento non mi è possibile elencare in questo articolo.

Una menzione speciale dev’essere fatta per le “cornamuse medievali” che non hanno un legame prettamente territoriale ma certamente temporale: erano dei tipi di cornamusa molto diffuse in tutta Europa e probabilmente non era così strano sentirle suonare in diversi luoghi.
A riguardo ritroviamo migliaia di raffigurazioni tra dipinti ed iconografie a partire dal XIV secolo che testimoniano l’ampissima diffusione di queste cornamuse.

Come si evince, la cultura dal punto di vista della cornamusa si è sviluppata in modo molto vario e in alcune zone è tutt’oggi parte di un ambito molto forte e vivo, legato alla musica tradizionale e in alcuni casi anche alla musica contemporanea.

In Italia è ancora uno strumento relegato a determinate situazioni o ambiti musicali che per diverse questioni deve ancora vivere la sua primavera musicale nonostante vi siano grandi cornamusisti e musicisti di grande stima, ma certamente il particolare interesse per la musica popolare e diversi eventi, stanno indubbiamente contribuendo ad espandere questa cultura anche nel nostro paese che, seppur lentamente, incomincia a riscoprire uno strumento che sin dall’antichità dominava la scena musicale grazie al suo fascino inconfondibile.

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